La Merger Mania

ovvero gli accorpamenti delle ASL divenuti ossessione.

Nel linguaggio economico il termine “merger” identifica una concentrazione di imprese in una sola holding. Sono imprese che operano nello stesso settore produttivo e che in tal modo possono concordare più efficacemente le strategie di mercato. Con tale operazione le società partecipanti alla fusione cessano la loro esistenza giuridica per far confluire i loro patrimoni in una nuova società.

Di derivazione economica è dunque l’applicazione alle organizzazioni sanitarie dei principi di fusione “merger” iniziata con vasti accorpamenti negli anni ’90 nel mondo anglosassone e in piena diffusione nel nostro Paese come riportato in una recente analisi della letteratura operata da Marco Mariani, Anna Acampora, Gianfranco Damiani (Istituto di Sanità Pubblica -Sezione di Igiene, Università Cattolica del Sacro Cuore pubblicata nel numero di febbraio 2017 di Salute Internazionale).


Da un totale di 659 USL nel 1992 si è passati a 180 ASL nel 2005 e, nel 2017 ne sono previste 104, di cui due cosiddette Aziende Zero – una in Veneto e una in Liguria.

In totale le ASL si sono ridotte del 40% dal 2005 al 2017.

Andamento simile per quanto concerne i Distretti, che si sono ridotti del 33% dal 2005 al 2017; erano 977 nel 1999, 835 nel 2005 e nel 2017 ne sono previsti 562.

Anche gli IRCCS sono diminuiti drasticamente nel corso degli anni: dal 2011 al 2017 sono passati da 82 a 19, mentre le Aziende Ospedaliere e le Aziende Ospedaliere Universitarie, non sono variate complessivamente in maniera consistente dall’anno 2011-2017, passando da 82 a 80”. 

 

Le principali motivazioni che spingono verso i processi di fusione sono di tipo economico e politico.

“Le prime sono il raggiungimento di economie di scala e di scopo, la razionalizzazione dei servizi forniti, la riduzione dell’eccesso di capacità, il miglioramento della qualità clinica conseguente all’aumento di volumi, il miglioramento della qualità della formazione e l’attrazione e fidelizzazione dello staff”.

“Le seconde sostengono che attraverso l’accorpamento sarebbe più semplice procedere alla chiusura di ospedali o di alcuni servizi, sostenere finanziariamente le organizzazioni più piccole, aumentare il potere di contrattazione, ampliare l’organizzazione in risposta a sfide da parte dei committenti, migliorare i servizi per la salute mentale (una singola organizzazione – si ritiene – possa fornire servizi di maggior qualità)”.

Tuttavia dallo studio emerge che “le evidenze empiriche di beneficio nella performance ed economicità dovute agli accorpamenti sono scarse e l’incremento della dimensione organizzativa produce una maggiore distanza tra vertice strategico e linee operative con conseguente aumento dei costi di integrazione”.

Infine dall’impatto di tali accorpamenti non sembra derivare un automatismo tra l’aumento delle dimensioni dei bacini di utenza, il miglioramento nella performance delle aziende e l’integrazione dell’assistenza sanitaria.

“Merger Mania. L’ossessione degli accorpamenti delle Asl” (da salute internazionale – febbraio 2017)

La Merger Mania

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