LA RIORGANIZZAZIONE DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

TRA CENTRALISMO E REGIONALISMO  (a cura di Fondazione Gimbe su Sanità24)

  • L’inquietante elenco delle variabilità regionali
  • L’universalismo, pilastro fondante del nostro servizio sanitario nazionale, si sta inesorabilmente disgregando: dagli adempimenti dei livelli essenziali di assistenza alle performance ospedaliere secondo il programma nazionale esiti, dalla dimensione delle aziende sanitarie alla capacità di integrazione pubblico-privato, dal variegato contributo dei fondi sanitari integrativi a quello delle polizze assicurative, dalla disponibilità di farmaci innovativi all’uso di farmaci equivalenti, dalla governance della libera professione e delle liste di attesa alla giungla dei ticket, dalle eccellenze ospedaliere del Nord alla desertificazione dei servizi territoriali nel Sud, dalla mobilità sanitaria alle diseguaglianze sugli stili di vita, dai requisiti minimi di accreditamento delle strutture sanitarie allo sviluppo delle reti per patologia. 
  • I 21 sistemi sanitari regionali  liberi di declinare in maniera eterogenea l’offerta di servizi e prestazioni davanti ad uno Stato che si limita ad assegnare le risorse e verifica l’adempimento dei Lea con una “griglia” capace di catturare solo macro-diseguaglianze.
  • I Piani di rientro per le Regioni inadempienti, guidati più da esigenze finanziarie che dalla necessità di riorganizzare i servizi, hanno scaricato sui cittadini servizi sanitari peggiori con nefaste conseguenze sull’aspettativa di vita, addizionali IRPEF più elevate per risanare i conti regionali e necessità di curarsi altrove.
  • Dopo la bocciatura del referendum costituzionale, nessun passo in avanti  è  stato  fatto  per migliorare la governance di 21 differenti sistemi sanitari, anzi si sono moltiplicate le richieste di maggiore autonomia da parte delle Regioni che difficilmente potranno essere legittimate dalla Corte Costituzionale.

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LA RIORGANIZZAZIONE DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

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