ANAAO-ASSOMED Lombardia esprime il profondo disagio dei Dirigenti Sanitari derivante da un modello organizzativo non più sostenibile, a fronte della grave carenza di personale, in primo luogo medici specialisti e infermieri.
In cinque anni la situazione è nettamente peggiorata (passando da 436 dirigenti sanitari nel 2016, 384 medici e 52 non medici, a 414 nel 2019, 359 medici e 55 non medici, con un calo di medici del 6.5%) e non sono state trovate soluzioni alternative allo “spremere” ancora di più i pochi specialisti rimasti. Nonostante questo, il personale sanitario è andato avanti con grande spirito di sacrificio e durante il periodo pandemico non ha lesinato i propri sforzi, rischiando la propria vita – in qualche caso con esito fatale.
Tre sono state le riforme sanitarie lombarde dal 2009 ad oggi, a dicembre 2021 è stata licenziata la terza riforma, la L.R. 22 che, da una lettura astratta, punta sull’integrazione ospedale territorio, avendo quest’ultimo mostrato durante la pandemia tutta la sua inadeguatezza. Essa potrebbe portare a un facile ottimismo sul futuro della sanità lombarda. Provando invece a immaginare l’applicazione della riforma nel contesto sanitario Valtellinese, si capisce immediatamente come tale ottimismo non sia in alcun modo giustificato, soprattutto dopo il fallimento della riforma Maroni riguardo la presa in carico del cronico.
Il modello organizzativo della rete ospedaliera rimane invariato ed è assolutamente insostenibile rispetto alle carenze di specialisti, e inadeguato rispetto alle esigenze della medicina moderna.
La verità sta nei dati: abbiamo più di un reparto dove i medici, il cui numero non sarebbe sufficiente a garantire le attività routinarie e urgenti di una sola unità operativa in un qualsiasi ospedale, sono invece costretti a coprire due unità operative in due diversi ospedali distanti 50 km. Il Pronto Soccorso, il servizio di pediatria e la cardiologia dell’Ospedale di Sondalo, parte dell’attività ordinaria dell’Ortopedia di Sondalo e Sondrio – e, a breve, anche gli esami di radiologia convenzionale ambulatoriale di tutta l’azienda – sono attualmente gestiti da cooperative esterne, con tutti i rischi che ciò comporta.
E ancora, perché non si vogliono concentrare in un unico ospedale le prestazioni che non necessitano di essere erogate in più punti della Valle? Perché sempre più medici lasciano l’ospedale e scelgono la medicina di base o la sanità privata? La risposta è semplice: turni di guardia, reperibilità e orari di lavoro sono diventati insostenibili e vanno ben oltre quello che sarebbe consentito dalle normative, dai contratti e dal buon senso. Per non parlare della carenza di infermieri che ha portato all’accorpamento di reparti con diminuzione ulteriore dei posti letto per acuti, creando ulteriori difficoltà di gestione dei pazienti stessi.
“Noi pensiamo che tutti i cittadini valtellinesi abbiano gli stessi diritti e soprattutto quello di ricevere le migliori prestazioni sanitarie possibili. – afferma Elisabetta Vitali, ANAAO-ASSOMED Lombardia – Alcune possono e devono essere diffuse nel modo più capillare ma altre devono essere erogate laddove ci sono gli specialisti, la casistica e le attrezzature tecnologiche necessarie a fare una buona medicina moderna. Sarebbe ora di iniziare a ragionare in maniera realistica per poter garantire una buona ed efficiente sanità provinciale anche e non solo tenendo in considerazione le risorse umane presenti e future tralasciando le opportunità politiche.”
Le fa eco Michele Piavanini, ANAAO-ASSOMED Asst Valtellina: “Siamo stanchi di ripetere cose che sono così ovvie da sembrare banali ma ancora una volta vogliamo appellarci ai pubblici amministratori sia a livello regionale che a livello provinciale e alla conferenza dei Sindaci perché ascoltino i professionisti della sanità e rivedano le scelte organizzative in funzione delle reali risorse a disposizione attuali e future. Occasione da non perdere è la stesura a breve del POAS che dovrebbe organizzare ed armonizzare la rete ospedaliera alla sanità territoriale. Mantenere la situazione attuale non farebbe che acuire i problemi nel breve e medio periodo, avvicinando pericolosamente tutta la sanità valtellinese ad un punto di ‘non ritorno’.”