Decreto taglia liste d’attesa, un provvedimento spot a ridosso delle elezioni

Il decreto legge varato dal governo, per contrastare le liste d’attesa, ha scatenato il dibattito sia a livello nazionale che regionale.
In realtà, almeno per quanto riguarda la Lombardia, non vi sono particolari novità:
  • già ora esiste la possibilità di effettuare prestazioni aggiuntive nel tardo pomeriggio e il sabato. Poi però occorre trovare il personale per farle, visto che si tratta di persone che hanno già lavorato e devono prolungare, volontariamente, il proprio turno
  • già ora esiste un monitoraggio regionale e a livello di ATS delle liste d’attesa. Poi però occorre governare il fenomeno mettendo in campo i correttivi. La Regione ha già emanato provvedimenti con risorse aggiuntive per pagare ulteriori prestazioni, tra l’altro imponendo al privato di fare le prestazioni che servono al servizio sanitario e non solo al loro business (per esempio aumentare le visite e non solo le prestazioni strumentali, più remunerative e magari autoindotte). Ma la coperta è corta e il personale sempre lo stesso.
  • già ora esiste una road map verso il CUP regionale, in cui un cittadino possa trovare uno sportello fisico, non solo un call center, che dia una risposta alla richiesta di prestazioni. Poi però occorre dare corso a leggi e delibere, che dal 2015 prevedono il CUP unico in Lombardia. Non si è mai fatto nulla perché certamente non conviene al privato, ma probabilmente neppure alle ASST, vista la concorrenza che droga il sistema lombardo.
  • già ora vengono chieste ai professionisti sempre più prestazioni, ora si aggiunge la gogna della libera professione, che a detta dello stesso ministro sembra essere una  causa diretta delle liste d’attesa. Nulla di più falso, ma un po’ di fango addosso ai medici può giovare, almeno si trova un capro espiatorio. Un semplice sguardo al rapporto AGENAS, che si allega per comodità, dimostra con evidenza che le prestazioni in intramoenia rappresentano una piccola parte delle prestazioni totali e sono comunque percentualmente in calo nel 2021, ultimi dati disponibili, rispetto al 2019.
  • il tetto sul personale è stato alzato, tanto da far dichiarare a un partito politico di maggioranza di aver archiviato “l’era Speranza” dimenticando che il tetto fu posto venti anni fa da governi di centrodestra, in uno dei quali era ministro l’attuale premier. Peccato che in Lombardia anche il tetto vigente non sia mai stato raggiunto, a causa delle difficoltà del sistema a reclutare medici, vista lamscarsa attrattività di molte aziende e il clima pesante.
In conclusione, pur con le differenze regionale e nazionale, il problema si affronta con la buona politica, con la cure e valorizzazione delle risorse umane, con un management adeguato, non con i provvedimenti spot a ridosso delle elezioni o con neppure tanto velate accuse ai professionisti.
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