Nei giorni scorsi alcune testate giornalistiche hanno riportato le discussioni in corso in Valtellina e in Val Brembana circa il ruolo degli ospedali nelle zone di montagna. I sindaci sono in prima linea, soprattutto quelli dei comuni strettamente vicini ai nosocomi, per difendere lo status quo o per chiedere il ripristino delle migliori condizioni, spesso lontane nel tempo, in cui questi ospedali hanno operato nel corso della loro vita. A loro si aggiungono consiglieri regionali a volte sensibili più ai voti che ai temi della sanità come purtroppo spesso accade in politica.
Tutto ciò dà l’occasione, a un sindacato generalista e autorevole come ANAAO-ASSOMED Lombardia, di riportare in primo piano il più vasto tema della rete ospedaliera e territoriale lombarda, non disgiunta dalla rete per l’emergenza/urgenza, soprattutto dopo lo tsunami del COVID e le prese di posizione di politici di maggioranza e opposizione.
Il sistema lombardo è fermo da circa 25 anni, da quando cioè la riforma Formigoni ha reso possibile la competizione pubblico-pubblico e pubblico-privato. Su questa scelta ANAAO Lombardia ha sempre, anche recentemente, espresso perplessità perché competizione e libera scelta, cardini della riforma, collidono in maniera stridente con i temi della programmazione, della rilevazione dei bisogni della popolazione e dei fabbisogni delle strutture. In questo contesto è bene che tutti sappiano che avere un ospedale sotto casa (o davanti al proprio comune) non necessariamente è garanzia di diagnosi e cura, soprattutto quando si parla di emergenza/urgenza. Nello specifico, è meglio avere un DEA di I o II livello dotato di competenze, tecnologia e prontezza di risposta a qualche decina di chilometri, piuttosto che un Pronto Soccorso sotto casa con bassi volumi, che a volte implica limitate specialità, competenze e assenza di tecnologie costose tipicamente dedicate ai presidi con elevati volumi.
Lo sviluppo della rete futura, quella di cui il sistema sanitario lombardo ha veramente bisogno, prevede la sicurezza delle cure per pazienti e medici, così come previsto dalla legge, e l’efficienza delle risposte. Questo tipo di rete è fatto di centri ad alti e medi volumi, strettamente connessi con quelli a bassi volumi, di diagnosi sempre più precise sul territorio, di interazioni sempre più performanti grazie alle nuove tecnologie e di trasporti efficienti su gomma e via aria, come si conviene a un “piccolo stato” come la Lombardia. Non è vagheggiando il ripristino di condizioni irripetibili, perché irreali, che si garantisce la sicurezza delle cure, l’adeguatezza degli organici, la professionalità e la competenza di tutti i dirigenti medici e sanitari.
Se si valutassero con precisione le condizioni in cui molti presidi sono nati e hanno operato, nel bene e nel male, per decenni, si vedrebbe che queste condizioni non ci sono e non potranno più esserci. Un sindacato responsabile, fatto da medici, biologi, fisici e dirigenti sanitari, non può sottacere che i pazienti sono curati bene e in modo sicuro solo se i professionisti lavorano in ambiente protetto e possiedono le professionalità e le tecnologie ideali allo scopo. La rete che ANAAO immagina non riguarda solo le zone di montagna ma tutta la regione. Paradossalmente, infatti, sono le zone di pianura quelle che maggiormente hanno bisogno di una rivisitazione dei ruoli e delle competenze delle strutture.
È venuto quindi il momento di cambiare e cambiare in meglio non significa riportare le lancette degli orologi agli anni Settanta e Ottanta ignorando l’abisso tecnologico che separa il sistema sanitario regionale da quegli anni.